L'Ufficio famiglia della Cei lancia un "concorso" sulla riconciliazione: in gara poesie, canzoni, disegni e brevi racconti Una sorta di Forum nazionale per ricordare il valore del perdono in casa
di Antonella Mariani
Riproduzione dal n. 86 di
"Noi genitori e figli" del 29/05/2005
Come "disegnerà" il perdono un
bambino delle
elementari? Forse con la colomba bianca della pace? Oppure
con un'immagine più evocativa, due mani che si stringono, un abbraccio che
riconcilia? E quali parole userà un adulto per cantare
la forza di una parola buona, dopo tante parole cattive, che finalmente appiana i
contrasti e fa ritornare in casa la speranza? Disegni, canzoni, "lavoretti",
preghiere, poesie, brevi racconti: si possono utilizzare tutte le espressioni per
rispondere all'invito dell'Ufficio famiglia della Cei,
giunto al termine
dell'intensa Settimana di spiritualità coniugale e familiare di Grosseto (21-25
aprile 2005).
Un grande confronto nazionale sul significato e il
valore del perdono cristiano, una sorta di dibattito permanente aperto a tutti, adulti e bambini, che potranno inviare
i propri contributi
a forumperdono@chiesacattolica.it (Cei – Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia, via Aurelia 468,
00165 ROMA).
I tempi consentiranno a tutti la riflessione: il
materiale, che si spera arrivi copioso e creativo, sarà raccolto fino a
fine gennaio 2006 e servirà per animare una serata di festa della prossima Settimana di
spiritualità coniugale
( …)
Facciamo pace? Dai fidanzati ai separati,
dai giovani sposi ai fratelli: tutti i volti della riconciliazione nei laboratori della
Settimana di spiritualità di Grosseto
Alla Settimana di spiritualità di Grosseto (21-25 aprile 2005; i partecipanti erano 380 con 180 figli al seguito) sono stati organizzati sette laboratori
coordinati dal sociologo Francesco Belletti e da don
Enrico Solmi. I membri di ciascun gruppo di lavoro avevano il compito di confrontarsi sui
diversi volti
formativi da proporre in diocesi e in parrocchia e di
avviare l'elaborazione di strumenti per la pastorale
familiare (sussidi, fascicoli, schede). I laboratori continueranno nei prossimi mesi via internet, con lo scambio di idee e di commenti, fino alla conclusione, tra un anno esatto, ancora a
1) IL FIDANZAMENTO: IMPARARE A PERDONARSI E FARE PACE
■ I fidanzati vivono la realtà
la
frase chiave è «Ti perdono solo
se... ».
■ II perdono è visto come amnesia del torto: «Non ci pensiamo
più».
■ II perdono è visto come segno di debolezza.
■ II conflitto viene minimizzato e non viene riconosciuto come
bisognoso
di perdono: tendenzialmente l'uomo sottovaluta
(«Tanto poi le passa») e la donna
calcola come fare per
cambiare
l'uomo.
2)IL PERDONO NELLA GIOVANE COPPIA.
■ Esiste una fragilità nel rapporto di coppia e risulta
difficile
accettare l'altro per quello che è.
■ C'è una difficoltà di comunicazione non
solo per mancanza di
tempo ma per incapacità a comunicare.
■ In molte coppie c'è solitudine e isolamento verso l'esterno
e
verso l'altro, quasi che ognuno dei due
sposi vivesse da single
fino all'arrivo del primo figlio.
■ I rapporti con le famiglie d'origine divengono, talvolta,
disturbanti:
si passa dalla dipendenza dai genitori al totale
distacco.
■ C'è una certa leggerezza nell'intendere il tradimento.
■ A volte anche l'età avanzata dei neosposi incide
sull'incapacità di entrare in relazione profonda.
3) ... E QUANDO SI DIVENTA GENITORI
■
Imparare il perdono dal passato,
guardare le precedenti ferite, aiuta nel ruolo di
figli ora diventati genitori.
■
Come genitori ci si rende
conto di quanto si può fare male ai figli, stravolti
dalla quotidianità, con la nostra stanchezza e mancata attenzione alla relazione.
■
È importante in un conflitto con i figli che sia il genitore a fare il primo
passo per la riconciliazione, testimoniando così come vivere il
perdono.
■
Sovente vi è una
leggerezza dei genitori nel perdonare i ragazzi, senza
far loro notare la gravità degli errori commessi.
■
Occorre rendere consapevoli i
figli che il perdono è un percorso e che non sempre è facile
perdonare sia all'interno della coppia sia nei loro
confronti.
4)
■
La crisi non deriva solo da
eventi gravi come il tradimento: la vita matrimoniale è ricca di microcrisi. Il perdono è quotidiano.
■
Bisogna educare la coppia a
chiedere aiuto nel momento della difficoltà, per evitare che si arrivi a
evidenziare il problema quando ormai la rottura è quasi
definitiva.
■
Bisogna creare una
"cultura della crisi" non negativa ma
come momento di rielaborazione delle motivazioni, come momento prezioso per
andare alle radici
dello stare insieme.
■
Bisogna riportare la coppia a
fare memoria delle proprie origini per riscoprire le
motivazioni e i momenti belli che ci sono stati.
■ Occorre aiutare la coppia a ritornare a esprimere le emozioni e a mettersi ciascuno "nei panni dell'altro" in modo tale da guardarsi con occhi nuovi.
5)
■
La famiglia, dove sono
inevitabili le
conflittualità tra coniugi, tra genitori e figli, tra nonni e
nipoti, costituisce una palestra insostituibile per educarsi al perdono.
■
Un ruolo talvolta negativo è rivestito
dalle famiglie di origine, sempre
pronte a giustificare il figlio, che non favoriscono il
ricorso al perdono e
talora sono contrarie alla riconciliazione degli sposi. Ciò dà inizio a una serie interminabile di litigi.
■
Un'altra situazione che apre la
porta alla conflittualità è quella che viene a determinarsi tra fratelli e
sorelle per questioni ereditarie.
■
Non è
sufficiente perdonarsi tra marito e moglie e/o tra genitori e figli, occorre
chiedere perdono davanti a Dio. Accanto ai piccoli perdoni "volanti" durante la giornata tra genitori e figli, vivono lo stesso perdono davanti
a Dio nella preghiera della sera. Ad esempio, la mamma chiede perdono al figlio perché a causa del nervosismo l'ha trattato male; alla sera chiede perdono a Dio per aver trattato male il
figlio.
6)
IL SACRAMENTO
DELLA RICONCILIAZIONE
<Emerge la difficoltà
di comprendere questo
sacramento. In molti casi il rapporto con Dio viene
visto come qualcosa di diretto. Spesso
manca la consapevolezza del peccato. Viene percepito
come qualcosa di strettamente personale.
<Se il perdono e la
riconciliazione non vengono vissuti nella vita
quotidiana è difficile potersi avvicinare alla
confessione.
<In alcune esperienze
personali emerge un certo timore nell'affrontare il sacramento, quasi una paura
nello scoprire la realtà di se stessi: ma poi può
emergere la gioia e la libertà nell'incontro con Dio.
<La riscoperta di
questo sacramento è in buona parte nelle mani del ministro di Dio. Occorre
creare una relazione di fiducia perché le
persone in difficoltà arrivino a dire:"Padre, mi
aiuti". Occorre poter indirizzare queste persone verso sacerdoti che aiutino a riscoprire questo sacramento e a farle innamorare.
7) IL
PERDONO NELLA COPPIA
SEPARATA
■ I familiari non sempre aiutano nel percorso
del perdono, anzi a volte sono di ostacolo («Ormai,
dopo tanto tempo non c'è più nulla da fare»); la mentalità comune non parla di
perdono.
■ Nella fase acuta della separazione non
si può parlare di perdono; in seguito, quando è
sedimentata la rabbia, si può partire ricuperando
l'autostima, la fiducia in se stessi, processo rafforzato
dall'ascolto della Parola di Dio e dalla preghiera. Il recupero della
dimensione del perdono è direttamente proporzionale al recupero della propria
identità.
■ II percorso del perdono è possibile
anche in chi non ha fede, se vive valori umani quali
il rispetto per l'altro, la capacità di ascoltare e di valutare con equilibrio.
La persona separata o divorziata ha bisogno di sentirsi amata e accolta per
aprirsi alla speranza.
■ È necessario combinare un
accompagnamento umano, di amicizia a un
accompagnamento spirituale: in questo è centrale la figura del sacerdote, visto
come punto di riferimento, specialmente nel momento più acuto della crisi.
Spesso, però, alla buona volontà difficilmente si accompagna una competenza
adeguata e specifica.
“Mi metto nei tuoi panni”*
I coniugi Zattoni-Gillini:
superare i torti considerando le ragioni
dell'altro. E guardare con tenerezza chi ci ha offesi.
Perdonare vuol dire amare.
Senza l'amore il perdono non ha né ali né radici. E un gesto vuoto di
significato, di pacificazione
solo apparente. Perdonare vuol dire
ricostruire insieme su fondamenta solide, entrare in comunione profonda
con l'altro, capire le sue ragioni. Ecco perché il
perdono non va mai in una sola direzione: si perdona e, allo stesso tempo, si è perdonati.
Inutile però illudersi. Il perdono
autentico, incondizionato,
che va in profondità, è tutt'altro che
un percorso semplice. Quanto più la crisi è stata dirompente, tanto più il cammino
del perdono ha bisogno di trovare motivazioni forti e riferimenti alti.
«L'esperienza del
perdono-sacramento è una chiave importante per capire il perdono nelle
relazioni umane,
coniugali, familiari,
amicali. Il fondamento teologico
del perdono, in altre parole, aiuta a leggere meglio l'umano». All'indomani
della Settimana di spiritualità coniugale
e familiare, Maria Teresa Zattoni e
Gilberto Gillini "rileggono le linee guida dell'incontro. A
Grosseto i coniugi
Gillini hanno
parlato del perdono
all'interno delle relazioni di coppia e di famiglia, invitando a
sgomberare il campo dal "piano
di sotto" (motivazioni segrete, desideri, resistenze
inconfessate) per aprire il cuore al perdono e all'essere perdonati.
E’ come se il perdono fosse un'arte del cuore che si
apprende con grande impegno interiore. Forse questo percorso non è alla
portata di tutti...
Il perdono, è vero, è un'arte
del cuore che rassomiglia a una forma di ascesi. Ma è
un'arte che può essere appresa da tutti, perché tutti
hanno in cuore il desiderio di pace, di solidarietà, di perdonare e di essere
perdonati. A volte però alcune persone hanno il cuore ingombro, che non permette
loro di accedere alle premesse da cui scaturisce il
perdono. Non riescono a intuire il mondo interno di
chi li ha offesi.
Avete
parlato anche di "perdono fai-da-te". Cos'è?
Il desiderio di perdono è
iscritto in profondità nel dna di ciascuno. Proprio questa profondità rende
il desiderio del perdono diffìcile
da attingere e da vedere, così che può essere negato o camuffato. Anche coloro
che lo negano, però, ne sentono il richiamo ma si
incamminano lungo percorsi che non portano veramente alla meta. Sono tentativi
che segnalano l'aspirazione al perdono ma ottengono
piccoli risultati parziali. In questo senso si può parlare di
perdono fai-da-te. Lo sforzo non è disprezzabile, ma siamo ancora a metà
del cammino.
Come si può percorrere l'intero cammino?
Noi diciamo che occorre
"fare il tifo", cioè calarsi nei panni di colui o colei che mi ha
arrecato un'offesa per la quale ho tutto il diritto di sentire il dolore, la
rabbia, il risentimento. Non mi si chiede di disincarnarmi, di far finta di niente, di "metterci una pietra sopra" ancor prima di
essere legittimamente
risentito e stupito, poiché nei rapporti familiari spesso l'offesa viene proprio da uno da cui non
me la sarei aspettata.
Ma è proprio qui la creatività, l'originalità del vero perdono: dopo aver percepito la bruciatura dell'offesa, posso
fare un passo avanti e cioè voler umilmente comprendere come mai l'altro è arrivato a ferirmi così. Allora scopro, proprio nel
cuore dell'offesa, una
chiamata a spostarmi dal baricentro
del mio "io", a mettermi tra parentesi, a guardare me con gli occhi dell'altro. Ebbene, il "trasloco" ci
permette di vedere colui
che ci ha offeso con tenerezza, quasi
con simpatia. Il più grande "trasloco" della storia è quello compiuto da Gesù nei riguardi dei suoi aguzzini: «Padre perdona loro perché non sanno!». Gesù
ha trovato anche in loro una briciola
di innocenza. Si tratta dunque di cercare accanitamente in chi ci ha offesi l'orma di innocenza che lo pone davanti a noi in modo nuovo. Gesù perdona quando ancora
non gliel'hanno chiesto!
Il perdono è fonte di crescita personale?
Indubbiamente. Il perdono si colloca in un quadro di crescita della persona tesa a
superare le forme di chiusura in se stessi.
Chiedersi come si è contribuito a
produrre il malessere di chi ci ha
offesi, pensare all'altro come a una persona coinvolta, faticosamente come me, nella relazione, è già un passo avanti.
La vita ci mostra
storie di incomprensioni che durano anni.
Non avvertite il rischio di tracciare un profilo troppo alto del perdono, quasi
irraggiungibile?
La grazia non agisce sul nulla e, men che meno, nonostante noi: non ci risulta
che Gesù abbia ordinato ai pesci di entrare direttamente nella barca. Per la
"pesca miracolosa" egli ha
bisogno delle nostre reti. Talvolta le
nostre reti familiari sono un po' strappate, è
vero. Sta qui la gloriosa fatica del
perdono, per quanto dipende da noi: tentare
di riannodare le nostre reti. Di nuovo,
"fare il tifo" per l'altro perché -come ci ha appena detto Benedetto XVI -dal
mare salato e soffocante dei nostri mali e delle nostre miserie, ciascuno di noi
possa essere "pescato". ♦
La
fedeltà messa alla prova*
Le riflessioni del teologo Franco
Brambilla: marito e moglie possono
uscire a testa alta dai momenti di difficoltà.
Ecco come
Il perdono è un'isola lontana e incantevole. Per raggiungerla, marito e
moglie, veleggiando faticosamente in un mare burrascoso, devono aggirare
scogli, gorghi insidiosi, venti di tempesta. Se
riusciranno ad approdare su quelle spiagge beate dove il perdono si offre e si
riceve con il sorriso del cuore, godranno della "sapienza della
vita". A loro è riservata la "beatitudine". Non
un premio per l'aldilà ma uno stato di profondo benessere e di totale e piena
condivisione già qui, in questo tempo. Allora marito e moglie godranno
«nel futuro con il sorriso dei figli, la discendenza numerosa, la gioia della
patria». Grazie a questo passaggio la coppia «entrerà anche nello spazio di
Dio, nella carne di Gesù che abita presso il Padre,
nel bacio della riconciliazione che è lo Spiritus charitatis, l'unità dello Spirito. La famiglia di domani
potrà vivere il vangelo del perdono se saprà essere icona della Trinità». Così
il teologo Franco Giulio Brambilla a Grosseto ha delineato le prospettive di una coppia "redenta dal
perdono". Una lettura affascinante e originale che si è
intrecciata all'esperienza diretta di monsignor Brambilla
sul fronte delle famiglie in crisi. L'ha dichiarato lui stesso
all'inizio della sua relazione: «Devo dirvi la verità.
Ho scritto questo testo per assolvere a un debito
verso le molte coppie che ho seguito in questi anni in un momento di difficoltà
e di crisi. L'ho scritto - ha proseguito - nella persuasione che bisogna
trovare parole da dire non solo nel momento dell'inizio della vita a due, ma
anche nello scorrere della vita quotidiana, durante le opere e i giorni che
fanno della vita insieme non tanto il sogno atteso ma la sfida di costruire una
comunione tra persone diverse, lungo il cammino della vita».
In questo incontro — e talvolta scontro — tra persone diverse la
conquista della pace e del perdono passa attraverso il "paradigma
dell'esodo", cioè il tempo del deserto, del tormento, della fedeltà messa
alla prova. Brambilla - che è docente di Antropologia
teologica alla Facoltà teologica dell'Italia settentrionale - ha tratteggiato la vita
di coppia come una navigazione, come un cammino che prevede
obbligatoriamente una partenza, una durata, un rischio. Lungo questo
percorso in vista del perdono, marito e moglie devono
imparare alcune strategie. Innanzi tutto quello della "sosta sul cammino".
Si tratta di fermarsi in tempo, soprattutto «quando scoccherà
un anniversario pieno sul quadrante della vostra storia, per domandarvi se
state camminando con lo sguardo su un tempo che ha la durata di una vita.
Potremmo osservare - ha detto ancora il teologo -come avete elaborato
la storia da cui provenite, cosa avete imparato e voluto nelle occasioni
della vita, quali sono state le scelte fondamentali della vostra esistenza comune».
Dopo la sosta il cammino della
coppia deve però subito riprendere perché le prove da affrontare non finiscono mai. Dio infatti, come nel brano del Deuteronomio, «rende sapiente il
cuore attraverso l'evidenza del comandamento». La prova, in sostanza, è la forma con cui
Dio educa il desiderio e la libertà dell'uomo. Ecco uno degli
scogli più insidiosi, soprattutto in una
società come la nostra dove tutto ciò che è possibile diventa anche eticamente legittimo. Ma
marito e moglie devono attrezzarsi spiritualmente, perché la prova ha un senso profondo,
«smaschera il disagio diffuso, toglie il velo alle abitudini sbagliate che
paralizzano lo slancio della vita a due. La sua spia rossa è la noia, il lasciar correre le
cose, l'alibi sconsolato che tanto non si può cambiare più nulla...». La
coppia che si oppone alla deriva dell'inevitabile e dell'indifferenza
rende robusta un'esperienza che apprende anche dal dolore, dai patimenti,
perfino dall'infedeltà
e dai tradimenti. L'uomo e la donna si scopriranno più affidabili,
troveranno nuove tenerezze e nuove possibilità di incontro. «A una visione penitente e mortificante dell'esistenza — fa notare il teologo -
si contrappone in modo speculare un'esperienza esaltante e gioiosa del vivere». Una nuova
sensazione che non annulla la routine della casa, del lavoro, dei figli, degli impegni, delle
amicizie di sempre ma trasfigura tutto in una luce
rigenerata. «Lasciarsi riconciliare -ha spiegato monsignor Brambilla - è un'operazione
spirituale, il dono inaspettato e insospettato della grazia». Allora il
perdono diventa autentico dono, guarigione, nuova stagione della vita, spazio
più intimo del cuore e della casa.
* di Paola Tettamanzi